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Intervista a Nicola Bartolini Carrassi

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Uno dei personaggi più importanti della TV dei ragazzi: Nicola Bartolini Carrassi! Tra le tante cose di cui si è occupato, Nicola ci ha raccontato un po' di dietro le quinte su 3 album che lo hanno visto coinvolto e non solo...

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Oltre ad essere uno dei doppiatori e attivo in moltissimi altri ruoli di lavoro per le serie di Sailor Moon, so che sei anche responsabile dell’album Cristalli, petali e misteri per Sailor Moon, me ne parleresti un po’?

Ero sempre stato affascinato dall’idea di lavorare con Alessandra Valeri Manera, ma lo ero anche dalle produzioni giapponesi. Infatti, ascoltavo tantissimi Drama da album nipponici – ad esempio Lady Oscar – e mi ero sempre chiesto come mai in Italia non ce ne fossero. Quindi, tra le tante cose che negli anni proposi ci fu anche l’idea di un disco per Sailor Moon.

 

Qual era l’idea di partenza di questo album?

L’idea comprendeva le 5 sigle della serie, la versione dance remix, le basi musicali con coro – ai tempi non erano mai state pubblicate neanche le strumentali – più un Drama nato dall’ultimo episodio della serie animata. L’idea piacque e il disco si fece, ma scoprì solo a stampa avvenuta che non erano state inserite anche le basi musicali (questo per l’edizione del 1997). A quel tempo, far sentire le basi musicali senza strumento guida avrebbe potuto essere una grande conquista, oggi magari sembra una cosa da poco.

 

La produzione dell’album è – come sempre – di Alessandra Valeri Manera. Oltre all’idea di cos’altro ti sei occupato?

Della realizzazione del master del Drama. Ho scritto i testi di Pietro Ubaldi e i miei (di Seiya Kou) che introducono la storia e tutte le parti parlate di Seiya che riempivano i buchi dell’audio italiano dell’episodio. La produzione del doppiaggio e del drama andarono di pari passo, ma ci fu un piccolo incidente di percorso: essendo realizzati come un unico master, le parti aggiuntive dedicate solo all’album finirono anche nell’episodio finale. Nacquero insieme, ma i tecnici avrebbero dovuto separare le due edizioni. Nell’album, inoltre, la versione di Sailor Star Song presente è diversa da quella presente nel doppiaggio TV italiano. Quella del Drama – che fu la prima e doveva essere destinata comunque all’episodio – è diretta e cantata da me, Simone D'Andrea e Nadia Biondini. Quella che si può sentire nell’episodio è una versione diretta dal maestro Enzo Draghi, che la interpretò con famosi coristi. Inizialmente Sailor Star Song non doveva essere neanche presente, la si voleva rimuovere, ma insistetti per mantenerla.

 

Perché due versioni diverse e non una sola?

Quando si fece l’album esisteva sola la prima versione. Poi per la messa in onda venne rifatta con la direzione i Enzo e i miei testi.

 

Perché le basi non vennero inserite?

Non so bene il motivo per il quale non furono inserite. L’idea del disco piacque ad Alessandra, poi io fui contattato per il Drama, però non chiesi mai il motivo.

 

Come venne sviluppata la grafica?

Io per il disco ho scelto le diapositive giapponesi, diverse da quelle italiane (sono piccole rodovetri con i codici e il gatto di Toei Animation); furono inserite nei riquadri di copertina.

 

Poi arrivò Pokémon e Dragon Ball Dance Compilation.

Sì, il disco era già uscito con un’altra grafica e con il titolo Dragon Ball Dance Compilation. Ricordo che ricevetti una telefonata di Alessandra e mi venne detto che l’album non era andato secondo le aspettative e serviva un’idea per rilanciarlo. Di fatto fu un impacchettamento del primo.

 

Come mai utilizzare illustrazioni nuove piuttosto che quelle ufficiali?

Per avere maggior controllo delle pose dei personaggi e averli della grandezza giusta. C’era già una disegnatrice molto brava che faceva i lavori per le cassette di Bim Bum Bam Video e per i dischi, ma all’epoca era mio interesse non italianizzare lo stile: c'era bisogno di qualcuno capace di replicare lo stile giapponese. Inoltre, erano tempi diversi: il materiale fotografico era poco e non c’erano neanche style guide da seguire a differenza di anime come Card Captor Sakura o Magic Knight Rayearth (da noi Pesca la tua carta Sakura e Una porta socchiusa ai confini del sole). Pensa che anche per Sailor Moon, avevo solo una trentina di fotogrammi arrivatemi dalla Toei. Era un’epoca post analogica, prima del digitale, si lavorava in maniera del tutto diversa da oggi. Quando arrivai io in Fininvest si lavorava su quello che si aveva. Quindi, fu prioritario scoprire nuovi talenti capaci di creare materiale in totale Nippon style, creando però nuove pose e posture ad Hoc. Prendi ad esempio Cristina D’Avena e i tuoi amici in TV 2 e Cristina D’Avena e i tuoi amici in TV 3: tutti i personaggi vennero ridisegnati perché non c’era la possibilità di avere immagine ad hoc: lo stile però era molto occidentale. Stesso discorso per le copertine delle videocassette Bim Bum Bam Video di Medusa, dove ho lavorato con Stefania Levati e – per le edizioni – con Luciana Migliavacca. Alessandra ebbe l'intuizione di creare Fivelandia TV e poi le serie in videocassetta. Ricordo questa frase: “tutta la forza di vendita di Medusa si alza in piedi per applaudire una nuova uscita in VHS di Sailor Moon”; e mi ricordo anche l’enorme difficoltà nel dare a Medusa Pokémon, perché all’epoca nessuno credeva in questo brand, nessuno voleva questa serie. Solo Alessandra fu – come sempre – avanti e lungimirante.

 

Ah sì?

Ai tempi lavoravo come junior product manager con una famosa agenzia di licensing, quella dei Power Rangers e de I Puffi. Parlai con molti licenziatari anche di Pokémon… era molto diversa dalle serie che l’avevano preceduta. Ricordo che ci fu molta titubanza all'inizio. Pokémon ebbe molte difficoltà prima del successo e della messa in onda su Italia1. Andare a “bussare” a tutte le porte, mi permise di occuparmi, coinvolgendo Antonella Marcora – traduttrice della serie – de Il grande libro ufficiale dei Pokémon e della serializzazione su carta del prodotto per Sperling & Kupfer (che è stato poi il mio editore per Il grande libro di cartoni & TV). Anche Alfredo Verdicchio, mio direttore a Magazine (edito da Universo), che avevo tormentato con Pokémon in “tempi non sospetti”, contribuì alla mia “versatilità” eclettica. Mi premiò mandandomi come inviato al Telegatto 1996, affidandomi interviste esclusive ai protagonisti di serie incredibili per quei tempi: da Beverly Hills 90210, a Melrose Place sino a Baywatch. Fu per me l'inizio di una vita parallela negli USA, a Los Angeles. Proprio lì, mi ritrovai con Andrea Romano, direttrice creativa del doppiaggio Warner e quindi responsabile del film cinema dei Pokémon (io davo voce a Brock nel nostro paese). Successivamente per Batman Beyond, Andrea mi volle come protagonista, nonostante la mia voce leggera e da 'guascone'. Cominciai così a frequentare anche i mercati televisivi di Cannes. Per gli anime dall'Italia, allora, c'erano solo Mediaset, Yamato… e poi io: un giovane pazzoide allo sbaraglio. Lì incontrai i team di Toei Animation, di TMS, di Nippon Animation... Con l'incoscienza della giovane età, mi guadagnai la stupita benevolenza – e pazienza – di grandi maestri. È grazie al percorso che ho potuto fare che sono diventato paroliere e produttore! Devo dire grazie sicuramente a Cip Barcellini, che per primo credette in me: mi volle nel dream team della Merak. Non avrei potuto fare nulla di ciò che ti ho raccontato senza Cip che mi formò, e sostenne alla fine degli anni ’80.

 

Che tipo di figura lavorativa eri a quei tempi?

Io ero come una mascotte, un super deformed di me stesso: una persona super elettrizzata di essere lì in mezzo a tante altre che avevo seguito in TV. Il mio ruolo era un po’ quello di jolly all’interno dell’azienda. Mi mandavano flyer dal Giappone – presumendo che io conoscessi i kanji – e subito dopo mi ritrovavo a ricreare i titoli degli episodi, i nomi dei personaggi, i titoli della serie, scrivere i testi delle canzoni interne alle serie, tradurre, adattare, doppiare e dirigere il doppiaggio... In quegli anni tutta la fascia ragazzi era piena di talenti straordinari, doppiatori, conduttori, autori… io fui un piccolo ingranaggio di quella meraviglia.

 

Questo mi fa venire in mente che essere un jolly è un po’ quello che le aziende cercano oggi: una figura poliedrica che possa lavorare in più campi.

Vengo da una generazione diversa: i miei capi erano “fenomeni” e non “YES man” come ce ne sono oggi. Ero poi anche una memoria storica: spesso venivo chiamato per sapere quando loro avessero fatto una certa cosa! Mi stupiva molto, ma ora capisco meglio il perché. Una volta successe per sapere quando avessero mandato in onda per la prima volta Love Me Licia. Per me quello fu un evento: mi ricordo di aver fatto una festa, con un amico, alla prima e all’ultima puntata di Licia. Eravamo in due a dichiarare di vedere Cristina e la sua serie, nonché gli unici presi di mira dai bulli. Gli altri la schifavano, ma poi tutti conoscevano tutto della trama… Sapevo tutta a memoria: quante volte era stata detta una parola in una canzone, le date e gli orari di messa in onda, i titoli delle trasmissioni… Quando ero ancora davanti alla TV, ogni occasione per me era una festa: un nuovo cartone, un nuovo Bim Bum Bam… tutti buoni motivi per scrivere a Valeri Manera. Da quando inviai la mia prima letterina a 10 anni, per chiederle di prendermi a lavorare a Canale 5, continuai tutti i mesi, fino a quando arrivai a Cologno Monzese. Un giorno Daniele Demma mi disse che Alessandra, prima che io arrivassi in Fininvest, faceva vedere i miei fax e i miei biglietti di auguri per la partenza di un programma, durante le riunioni. Per molti anni io non lo seppi. Al mio primo appuntamento con Daniele Candelù, produttore di Bim Bum Bam, vidi sulla sua scrivania una cassa di cartone: c’erano tutte le cose che io avevo spedito in quasi 10 anni ad Alessandra, dalla mia prima lettera all’ultimo digibeta. Aveva conservato tutto! Anche le cose dove rompevo le palle: una volta chiesi di mandare in onda dei montaggi di Creamy ed Emi, da una televisione locale di La Spezia (Liguria)… e mi ricordo di aver richiesto le coedizioni per mandarle in onda su Tele Liguria Sud (ride). La mia follia adolescenziale, in qualche modo, la colpì comunque. Daniele me lo disse dopo anni, pensando che io lo sapessi. Ancora oggi, pensare che lei parlasse di me, mi fa un bellissimo effetto. Se l’avessi saputo ai tempi sarei impazzito di felicità. Quando io arrivai, quindi, ero già conosciuto e “finalmente” capirono chi fosse questo Nicola Carrassi che lei nominava sempre.

 

Tu probabilmente sei stato una delle prime persone a subire il fascino di quel mondo e vivere il passaggio da “bambino davanti alla TV” a “persona che lavorava per far funzionare quella TV”.

Penso di essere stato il primo ad aspirare di essere un doppiatore perché voleva doppiare i cartoni animati giapponesi. Oggi ci sono tantissimi talenti che hanno avuto questo desiderio. Per esempio, Maurizio Merluzzo – che oltre doppiatore è uno straordinario e poliedrico artista – viene da una generazione dove si voleva diventare doppiatori per passione per gli anime. Quando lo sono diventato io, era una cosa anomala: tutti mi guardavano increduli.

 

Tornando all’album, la tua consulenza si è fermata al restyling?

Sì. I loghi erano quelli originali, per dance compilation usai un programma chiamato Corel Draw. Goku fu ridisegnato. L’idea di usare i loghi fu mia. Ci aggiunsi un’ombra, ma in genere – oggi soprattutto – non vanno toccati. Era una grande novità utilizzarli.

 

Per un’azienda inserire i loghi è un costo?

Metterli è un obbligo, all’epoca no.

 

Parliamo ora del Fivelandia 18. Immagino che poter lavorare sulla produzione discografica di punta di RTI sia un grande traguardo!

Fu un enorme conquista perché non era la prima volta che proponevo idee per i Fivelandia! Fui chiamato per una riunione di cui non sapevo niente. All’interno della stanza trovai l’allora capo di RTI Saverio Lupica – che conobbi in quell’occasione – e la segretaria di Alessandra, Lorenza Zago. Venni quindi a sapere che avrei fatto Fivelandia 18. Era un Fivelandia un po’ particolare: era quello dopo il 17 – che nella numerazione non poteva essere nominato, da qui Fivelandia 1999 – e doveva essere quello che avrebbe dato una nuova impostazione alla collana. Venni chiamato per “rinfrescare” il logo e tutta la proposta grafica di Fivelandia, anche sulla base della mia idea per l’album di Sailor Moon e le vendite – che andarono molto bene – di Pokémon e Dragon Ball Dance Compilation.

 

Come andò questa produzione?

Ebbi carta bianca! L’idea era che fosse ambientato nel “pianeta dei cartoni animati”. Preparai una style guide da mandare a Cristina D’Avena con le pose da assumere durante il servizio fotografico. Come era già successo con DeAgostini in Gioca e suona con Cristina, tenevo tantissimo alla “suggestione” che lei interagisse con i protagonisti degli anime, mi sembrava fantastico! Il servizio fotografico fu un po’ fuori dagli schemi: era la prima volta che c’era uno storyboard. Il logo è rimasto uguale ma aveva una texture inedita. A vederlo oggi potrebbe sembrare banale, però inserire una texture in 3D e colorare la nota in quel modo, non era cosa da poco. Anche in questo caso – per gli stessi motivi di prima – disegnammo tutto noi.

A questo punto mostro a Nicola le pagine del libretto per vedere le differenze tra la sua idea e il prodotto finito.

Prima pagina: I testi che vedete non sono quelli originali, ma sono quelli corretti da RTI, perché la storia che avevo in mente era ritenuta troppo complicata per i bambini. Quella originale era un dialogo tra Babbit – il pipistrello-coniglio di Rossana – e Cristina, che veniva teletrasportata sul pianeta/isola. Avevo bisogno di un personaggio che fosse credibile come viaggiatore del tempo. In più Rossana era uno dei cartoni di punta dell’album e mi venne naturale. Babbit, inoltre, racchiudeva quelle idee estetiche e “kawaii” che avevo in mente.

Seconda pagina: usai un programma di grafica 3D – impensabile per i tempi – per renderizzare l’isola. Vedi quella foto trasparente di Cristina che “vola”? Ne ero così innamorato tanto da volerla mettere nella card, ma non potei, perché c’era un progetto relativo a quelle carte di cui non ero a conoscenza. Per questo finì sul retro del disco! Sull’outfit posso dirti che si suggerì il colore rosso, insieme al rosa – poi presente nel maglione del booklet, perché l’album doveva uscire sotto Natale. Nonostante questo, l’abito scelto da Cristina fu in completo accordo con le nostre idee.

Quinta pagina: inizialmente avevamo scelto altre foto per il libretto, poi con Cristina e la sorella Clarissa si optò per altre pose. In sostanza, esiste una prima versione di questo libretto con altre immagini che resterà inedita.

Undicesima pagina: usare tante foto di Cristina in tante pose era una mia fissa, insieme a quella di farla interagire con i cartoni animati – all’ultima pagina creammo l’interazione con Rossana.

 

Ti sei occupato anche della scelta delle canzoni?

Era una decisione che spettava solo ad Alessandra.

 

Ti viene in mente qualche ricordo guardando la tracklist?

Mi ricordo che Debora Morese era titubante all’idea di cantare I figli dei Flinstones, però alla fine fu contenta del risultato. Oppure che avrebbe dovuto contenere altre sigle di altri cartoni non ancora programmati. Nelle prove dell’album era presente anche Mille emozioni tra le pagine del destino per Mary Ivonne, all’epoca già doppiato ma non ancora trasmesso. Poi mi rendeva molto felice fare un Fivelandia dove ci fosse Temi d’amore tra i banchi di scuola e Pocahontas. La prima mi ricorda la festa/concerto a Radio Italia – che fu un saluto non detto ad Alessandra – dove c’eravamo tutti: gli attori dei telefilm, gli staff e i dirigenti RTI e Merak. Neanche io sapevo dell’addio. Era presente in scaletta e io sono stato anche inquadrato a ballare come un pazzo, mentre Lupica e gli altri dirigenti Mediaset mi guardavano con occhi sconcertati. Altri – come Alessandra, Pasquale Finicelli, i miei collaboratori… – se la ridevano. Dovevi far vedere che per te era solo lavoro, mostrandomi fan persi punti agli occhi di qualcuno e forse la possibilità di fare gli altri Fivelandia. Ah, ricordo che dopo il concerto, venni riaccompagnato a casa da Laura Marcora, amica e straordinaria professionista.

 

Tra le tante idee che hai proposto?

Un LP di Creamy (dell’anime L'incantevole Creamy), ma fui redarguito da Alessandra. Lì capii che alcune cose non si potevano discutere a quei tempi. Era proprio la prima idea, non vedevo l’ora che venissero pubblicate, era uno dei miei obiettivi: renderlo possibile. In seguito, nel 2009, con Cinzia Veronese e – soprattutto – un nostro collaboratore, per un monumentale progetto destinato a Mediaset-DeAgostini, ricostruimmo tutta la discografia: dal 1981 al 2009 includemmo tutte le sigle, le versioni alternative (duetti sentiti solo nel telefilm, o programmi di prima serata di fine anno), le canzoni contenute nelle serie, i brani inediti, quelli “introvabili” poiché catalogati con nomi provvisori, quelle realizzati per collezionabili come Fiabissime… Il progetto non si fece, ma, forse anche grazie a quell'enorme lavoro, RTI cominciò piano piano a recuperare dal “robottone” – così si chiamava il database interno a Fininvest-Mediaset area Musica on line, che conteneva tutti brani, le strumentali, i cori, le piste divise di ogni brano e molto altro – alcuni brani che negli ultimi anni sono finalmente stati pubblicati. E molti ne mancano: ma adesso si sa dove sono. Attesissimi… anche dal fan che c’è ancora in me :)

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di Marco Orofino

© proprietà Testi Sigle Cartoni

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