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Intervista a Federica Paradiso

Tutti, ormai, siamo presenti sui social. Nati per consentire la comunicazione tra persone lontane, essi si sono evoluti sempre più, permettendo alle persone di vivere letteralmente un mondo virtuale: ci si può informare, esprimere, seguire personaggi pubblici e molto altro. E data la contaminazione del mondo lavorativo con i social network, col tempo è nata anche una nuova figura, quella del Social Media Manager. 

Tra loro, spicca anche lei: Federica Paradiso. SMM di Giorgio Vanni, LOVA MUSIC Srl e THE SHOW Srl, Federica ha risposto alle domande di Testi Sigle Cartoni per conoscere meglio questa nuova figura del mondo Social.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao Federica, prima di tutto grazie di essere qui.

Se ti dovessi presentare a qualcuno che non ti conosce o non sa come funziona il tuo lavoro, come lo faresti?

È difficile questa domanda (ride). Io sono Federica Paradiso, sono una social media manager e lavoro in questo settore da 5-6 anni. Attualmente mi sto specializzando – perché non si finisce mai di imparare – in “comunicazione dei personaggi pubblici” come artisti e musicisti. È il settore in cui vorrei lavorare, anche se il percorso è ancora lungo e tortuoso. Sono SMM di vari personaggi del mondo nerd come Giorgio Vanni, Gianluca Iacono e i KameSound, una giovane band emergente per la quale Lova Music ha prodotto i loro primi due inediti L’attacco dei giganti – Cosa cerca l'anima e il secondo DemonSlayer – Al di là del mondo in uscita il 14 luglio.

Nel mio lavoro, oltre a gestire la parte comunicativa web delle persone con le quali collaboro – profili social, contenuti – mi occupo anche della community e la gestione del personaggio… anche a livello psicologico. Per Giorgio, c'è anche una gestione dei progetti e dei collaboratori che lavorano ai progetti (grafici, sviluppatori del sito web, l'ufficio stampa). Comprende davvero varie sfere, ma ho il contatto finale con la community (front end e back end)

Ci tenevo molto che aprissimo quest’intervista con la possibilità di dare un’idea più chiara del SSM a chiunque leggesse. Di meme in merito ne ho visti tanti e spesso passa come “quello che sta a fare i post tutto il giorno sul divano”.

Sì in effetti è un errore comune italiano, o almeno credo sia solo italiano perché per adesso non ho ancora avuto esperienze di lavoro all’estero!In Italia c'è ancora la tendenza di non vedere questa figura come un professionista e questo come un lavoro. Si banalizza il tutto: dato che tutti possono avere un profilo social, si tende a pensare che tutti possano curare la propria immagine e tutti possano creare i video che vanno in tendenza. Sicuramente può esserci l’eccezione! Io stessa però ho visto persone che, nonostante non abbiano studiato, hanno una creatività e attenzione che li porta a fare uno studio diciamo in real time dei trend, della materia, ecc…

Il problema è mantenere una costanza e il trasformare quel lavoro fatto online in un seguito reale. Faccio sempre l’esempio di Giorgio e gli altri personaggi che seguo: possono avere milioni di follower online, ma se nell’offline – e quindi nella vita reale, nei concerti, cinema ed eventi – manca una community reale che ti segue dal vivo, quel lavoro sui social è limitato e rimangono solo numeri.

Ma lo stesso vale anche per le aziende, piccole o grandi che siano: se l’utente ti segue solo perché fai il balletto del video in tendenza, difficilmente poi verrà ad acquistare il tuo prodotto, magari li avrai solo intrattenuti con una risata momentanea. Diventa un po’ uno spreco. C’è la concezione che più like e follower hai e più sei influente, ma la verità è che dipende: da quanto è attiva la tua community, da quanto sei in sintonia con lei, da quanto valore dai alle persone.

Alla base c’è sicuramente la creatività, una conoscenza, uno studio del pubblico a cui ti rivolgi e soprattutto degli obiettivi chiari da raggiungere: se non hai queste cose, ma pensi che solo con un bello scatto e una frase ad effetto si possano raggiungere determinati obiettivi, non vai da nessuna parte. Secondo me, la visione a lungo termine di tutte queste variabili, è quello che distingue un professionista da uno che si improvvisa.

 

Davvero molto interessante. È da tanto tempo che avrei voluto avere modo di fare una chiacchierata con te, in particolare ricordo un post dove descrivevi l’evoluzione digitale – se così possiamo chiamarla – di Giorgio Vanni. Da persona che lo segue da tanto, ho notato di come il lavoro negli anni sia andato via via a portare risultati e nuovi lavori e tanta nuova musica. Ti va di parlarci delle scelte che ci sono state?

Partiamo dal presupposto che io non penso di aver creato qualcosa dal niente; ho visto lungo su qualcosa che già esisteva. In quel post, racconto di come il mio obiettivo – condiviso da LoVa Music e dall’artista – fosse quello di dare un volto, un’immagine a qualcosa che già esisteva. Bisognava trovare il modo giusto per farlo emergere! Nel mio caso specifico: “Lavoro per Giorgio Vanni” “E chi è?” “Hai presente le sigle e canzoni dei cartoni che ascoltavi e cantavi da bambino? Dragon Ball, Pokémon…” “ah sì la mia infanzia”. Mi è stato sempre molto difficile trovare qualcuno che quel repertorio non lo conoscesse a memoria, non le cantasse o non le avesse sentite almeno una volta, anche gli adulti le hanno sentite attraverso i figli.

Era tutto lì davanti ai nostri occhi, era come avere tanti pezzi e andavano incastrati per costruire qualcosa. Lui aveva tutte le potenzialità per emergere. L’ho conosciuto nel momento in cui le storie su Instagram erano partite da poco. Io ho preso gli strumenti che stavano evolvendo dal lato web e mi sono focalizzata sul far conoscere il volto e la persona che c’erano dietro quella voce riconoscibile un po’ a tutti. È stato un po’ questo il lavoro fatto. La strada è ancora lunga, ma tanti risultati li stiamo vedendo.

Poi c’è stato un cambiamento epocale verso questo mondo: molti si vergognavano a dire “ascolto le sigle, guardo i cartoni, leggo i fumetti…” ma a un certo punto la situazione si è ribaltata ed è diventata una cosa accettata e quasi figa. Quindi ci siamo trovati anche al posto giusto nel momento giusto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa premessa fa sembrare il tutto così naturale e liscio…

Ci sono e ci sono state difficoltà: tutto ciò che fai sui social è un lavoro a tutti gli effetti, che richiede tempo, costanza e la collaborazione del personaggio. L’artista, oltre all’evento, il concerto, il firmacopie, fare nuova musica, lavorare in studio, deve trovare anche il tempo di fare i video per i social. Anzi, una parte di ciò che faccio è cercare di organizzargli tutto al meglio. Posso fare tantissimi post, ma se non ho la sua collaborazione non posso combinare molto.

Ho insegnato a tutti i “miei personaggi” come usare questi strumenti e io per prima – che sono nata negli anni ’90 – sono costantemente bombardata da aggiornamenti e ogni giorno apprendo. Ciò che imparo lo utilizzo anche per mettere i miei clienti nelle condizioni di comunicarsi al meglio ed è tutto favorevole a una crescita. Poi c’è sempre tanto da fare: oggi raggiungi un risultato, ma domani puoi arrivare a un altro. È un percorso sempre in salita e io devo “trainare” e dare lo stimolo a far fare cose sempre nuove, la sfida è proprio in questo.

Facendo un parallelo con un anime che mi piace tanto – Naruto – sono un po’ la Shikamaru della situazione: una persona che non ha forza fisica e sembra che non faccia niente, ma è dietro che muove i fili e dà la possibilità agli altri di combattere.

Un po’ come se fossi il cervello della macchina…

Sì, però non mi prendo tutti i meriti. Una parte del lavoro che mi soddisfa è come ho imparato a calarmi nei “miei personaggi”. Capita spesso che gli utenti – che non si rendono conto, non lo pensano, non lo sanno, o lo sanno e fanno finta di non sapere – pensino che a rispondere ai commenti siano loro. Però non li faccio tutti io, capita spesso che rispondano anche loro.

Per esempio, nel caso di Giorgio, spesso sono io a fare quel lavoro, perché lui non ha il tempo materiale e mi fa piacere che pensino parta da lui. Una dimostrazione di aver fatto un buon lavoro è l’essere riuscita a calarmi nella parte. Per dirti, potrei tranquillamente gestire una sua intervista, perché so come pensa. Questo è uno degli aspetti psicologici del mio lavoro: devi imparare a parlare e a esprimerti, come il personaggio che gestisci. Cerchiamo sempre di rispondere ai commenti e messaggi che ci arrivano, ma non posso sempre chiamare lui per chiedere cosa farebbe, anzi, spesso è lui che chiama me per un consiglio. E la cosa non può che farmi piacere, è una bravura che comunque va coltivata. Anche utilizzare le giuste emoji è parte della firma della persona, ma sono tutte cose che ho imparato col tempo. Andando a rivedere copy vecchi penso “cavolo, ma lui non parlava così”.

Una domanda un po’ provocatoria: mi sono sempre chiesto se a livello “morale”, sia giusta questa impersonificazione. Sicuramente c’è un’esigenza pratica, però, “far pensare” a chi scrive dall’altra parte che sia proprio il personaggio a rispondere, non è come prendere in giro quella community?

Secondo me dipende da come lo fai. Impari a conoscere la persona per cui lavori e con cui lavori, ci sono momenti in cui conoscendolo perfettamente sai già la risposta che darebbe, non hai dubbi. Nel team ognuno ha il proprio ruolo. Giorgio cita sempre il lavoro degli altri, anche chi non fa parte della squadra direttamente. Tutto quello che esce sul web e sul palco è un lavoro non della sola persona fisica, ma di tutta la squadra. Quindi dipende nel senso che: se sono sicura di poter rispondere come farebbe lui, io scrivo; ma a parlare è lui. È diversa la situazione dove c’è bisogno di un consulto, che comunque non manca mai, visto che sento più Giorgio di mia mamma (ride).

Sicuramente non basta il semplice gioco di ruolo, tutto questo è anche il ritratto di un profondo legame di fiducia che è imprescindibile, dato che, oltre al pubblico, c’è anche il privato…

Esattamente. Noi riceviamo moltissimi messaggi, commoventi, emotivi talvolta molto pesanti da parte dei fan, forse perché per sensibilità dell’artista o lavoro di squadra siamo riusciti ad arrivare ai cuori delle persone. Il bello di coltivare una community è che inizi anche a riconoscere i nomi.

La possibilità di leggere il privato, spesso mi porta a dovermi per forza confrontare con gli artisti. Ma non faccio nulla senza che lo sappiano, non prendo mai iniziative, solo per contenuti dove serve una risposta immediata da parte della pagina. E se non ho mai ricevuto come risposta un “oddio che hai fatto” è perché si è costruito un rapporto di complicità. Sempre parlando di Giorgio, lui si riferisce a me come “il suo capo” e dovrebbe essere il contrario, no? C’è tanta fiducia e la cosa mi riempie di gioia ma, ed è un altro dei motivi per il quale mi piace lavorare con lui, è una di quelle persone che ha capito l’importanza dei social e ci crede in quello che facciamo! Tanto di cappello alla sua apertura mentale, a lui che non è più un ragazzino – nell’animo probabilmente sì – ma che si è aperto così tanto alle novità. Tra le altre idee c’è Twitch. E uno può pensare: “non è un ragazzo, come lo tiene un palco virtuale come quello?” Vedremo!

Avere la possibilità di lavorare con persone così rare, non capita tutti i giorni…

Devo dire che per mia bravura – o forse fortuna, chissà – ho sempre trovato persone molto ben disposte, chi più, chi meno. Alcune volte è capitato il “lo devo fare per forza (essere sui social), perché mi serve” invece Giorgio lo fa perché gli piace. E se dà una parte ci sono esigenze di business, perché oltre all’arte devi viverci col lavoro che fai, lui l’ha sempre presa come una sfida sempre nuova. Anche nei momenti in cui pensa di non riuscire, perché lui è un tipo molto di pancia, ci si confronta e si ragiona su come farcela. Non mi è capitato sempre di lavorare di persone che ti chiedessero e ascoltassero il tuo parere; nel tempo mi sono costruita anche la possibilità di scegliere ambienti dove non sei solo mera esecutrice.

Anche perché poi diventa alienante...

Certo, poi il social non dorme mai, che sia Natale o notte inoltrata. Questo perché hai strumenti che utilizzi anche nella vita privata. C’è la difficoltà anche nello staccare e non arrivare a una situazione di burn out. Poi c’è sempre l’odio dietro l’angolo, l’hater. I social sono un campo minato; molto spesso hai a che fare con persone omofobe, razziste e devi mettere a freno ciò che pensi, perché non puoi utilizzare il profilo degli altri per far emergere le tue opinioni. Anche questo è un aspetto particolare, io ne leggo di cotte e di crude e delle volte pensi “ma davvero esiste sta gente?” e ti viene tanto da rispondere come se fossi tu, ma ti fermi prima. Se ci pensi, è capitato a tutti di scrivere un commento con ciò che vorresti dire e poi lo cancelli.

Un’altra cosa che ho imparato è la gestione del flame, del potenziale contrasto: la potenziale situazione di razzismo o di offesa per qualcuno, cerchi di smorzarla. Perché ci sono persone dietro la tastiera che si sentono molto forti e altre che sono molto sensibili. Delle volte è capitato che le persone che scrivono ai “miei personaggi”, poi scrivessero anche a me. E parlo di messaggi molto pesanti. Ti senti impotente perché non sei all’altezza di poterle aiutare. Non è facile, anche per un divario generazionale, senza contare che è difficile, se non impossibile, capire ciò che sta provando un’altra persona.

Cambiando argomento, secondo te la costruzione di un brand intorno al fattore nostalgia, rischia di bloccare la crescita dell’artista?

Anche qui direi che dipende, va affrontato il contesto specifico. Nel caso di Giorgio, sicuramente la sua fortuna e bravura è quella di aver cavalcato l’onda degli anni 90, grazie a TV e cartoni che gli hanno permesso di entrare in sintonia con i ragazzi del tempo, che oggi sono i suoi fan e che grazie a fiere e social hanno coltivato questa cosa.

Qualsiasi cosa che ti ha colpito nell’infanzia la porti dentro e a prescindere, soprattutto quando è musica. Se resti ancorato a quello che hai fatto e ti basta, puoi benissimo stare lì, se è una cosa che ti piace. Giorgio è ad esempio una persona a cui piace sperimentare con nuovi progetti, anche se magari non hanno la stessa eco di Dragon Ball che passava in TV. Banalmente sono strumenti diversi, però per lui va bene anche arrivare a meno persone che continuano ad emozionarsi, sognare e crescere…

Poi dipende anche dal brand, però bene o male tutti si devono rinnovare. Puoi restare ancorato al periodo d’oro, ma se non ti rinnovi rischi di rimanere bloccato. Questo non significa dimenticare quel pezzo di storia che ti appartiene, anzi: puoi trovare modi per rinnovarla, noi ci stiamo provando. Lui porta la “sua” nostalgia… nel futuro. Si porta il bagaglio e va avanti: manteniamo delle cose nostalgiche che, a livello strategico, sono molto emotive e ci permettono di colpire l’emotività delle persone, ma dall’altra parte cerchiamo di fare cose nuove. Cerchiamo di rimodernarle, come con The Gold Session: canzoni che hanno fatto la storia dell’infanzia di molte che sono state riviste. Credo sia l’emblema, il nostalgico che viene rivisitato. Però puoi permetterti di fare questo gioco quando fai cose nuove.

I personaggi del mondo “nerd” oggi trovano sicuramente il loro palco prettamente sui social, mentre un tempo quel palco era più la TV. Cambia molto la comunicazione?

Sicuramente tra TV e social può cambiare la percezione di un messaggio mandato. In genere la TV tende a veicolare e controllare i messaggi che manda, con il pubblico abituato a messaggi dove talvolta si mettono anche le mani avanti, come “noi ci asteniamo da…”. Se già con la televisione l’interpretazione del messaggio può variare da persona a persona, sui social la cosa è amplificata. Per questo delle volte c’è anche difficoltà nella comunicazione online.

Quindi bisogna fare attenzione a quello che diciamo o scriviamo perché purtroppo può essere estrapolato e interpretato in maniera differente da ciò che si voleva. Le persone possono intendere male, involontariamente e non.

C’è un messaggio che vorrei far arrivare a coloro che ci stanno leggendo: devi sempre pensare che oltre a te ci sono altri individui. Persone che hanno una loro vita, stanno facendo un percorso e una battaglia che non vedi, di cui tu non hai idea. Fraintendimenti, voler vedere per forza qualcosa al di là di quello che viene detto, è il modo sbagliato di utilizzare i mezzi di comunicazione.

Le percezioni vanno bene, ma bisogna sempre esercitare il dubbio. E soprattutto non mi accanisco se non sono d’accordo su qualcosa che leggo. È qualcosa che poi faccio anche col mio lavoro, cercando di gestire bene le community. Non sempre poi potremo avere il quadro completo, per svariati motivi.

Qual è stato il primo progetto musicale al quale hai partecipato con Lova Music e qual è stata la prima idea che ricordi di aver proposto?

Il primo progetto a cui ho avuto accesso – non ci ho lavorato direttamente, il progetto era già iniziato – è stato Supereroi, più che altro la parte video. Collaboravo con loro, ma lavoravo ancora da Napoli. Andai a trovarli sul set del videoclip, dato che ero a Milano per altri motivi. In quell’occasione ho conosciuto anche i TheShow con i quali oggi lavoro. È un po’ come se fosse la chiusura di un cerchio.

Ed è stata la prima volta che ho conosciuto Max e la prima volta in cui ho parlato con Daniele. Questo è il primo progetto che ho vissuto come se facessi già parte di Lova Music, anche se stavo ancora entrando.

La prima idea che ricordo di aver avuto, anche se poi alla fine non l’abbiamo mai “firmata”, è stata un meme che io avevo pensato e pubblicato sulla mia pagina Facebook, in maniera molto ingenua. Quel contenuto per i primi anni in cui abbiamo iniziato a pubblicare meme sulla pagina Facebook, è stato uno di quelli che ha avuto più successo. Era il meme di Goku mentre si allena da Re Kaioh con la scimmia Bubble che richiamava la performance di Francesco Gabbani nel 2017 a Sanremo con Occidentalis’ Karma.

Lo feci di ritorno da Milano in treno con il mio IPhone 6 SE, un telefono che non è minimamente paragonabile alle tecnologie di oggi. Fu un’impresa fare quel collage e inviarlo su Telegram a Giorgio (sorride).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come sei diventa la sua SMM?

In quel periodo avevo conosciuto Giorgio tramite un amico con il quale stava lavorando a un progetto musicale e sapendo che cercava una figura che gli gestisse i social in maniera esperta, ci mise in contatto. Da quella chiacchierata telefonica è iniziata una collaborazione sporadica, dove ogni tanto mi chiamava chiedendo qualche consiglio. Io all’epoca non mi permettevo di contattarlo, però la vivevo come un’opportunità e lo aiutavo con piacere.

Un po’ come se fosse un tirocinio.

Esatto, uno spiraglio di una collaborazione figa. Per un periodo della mia vita ho fatto su e giù tra Napoli e Milano, un giorno mi trovavo lì per lavoro e in quell’occasione gli ho scritto pensando fosse un’ottima occasione per conoscerci di persona. Era durante il Festival di Sanremo 2017 e uscita da LOVA Music, mi venne quell’idea, pensai fosse carina. Gliela mandai ma, per inesperienza, non pensai di brandizzarla – tra l’altro non c’erano ancora i presupposti lavorativi – e la pubblicai sul mio Facebook. Non pensavo minimamente che qualcuno l’avrebbe vista, dato che non ero nessuno, ma dopo che la pubblicai io, qualcuno ha ripubblicato a sua volta il meme, copiando il post e brandizzandolo. Successivamente lo fece anche Giorgio, senza brandizzarla.

Magari contemporaneamente a me, quest’idea l’hanno avuta in trenta, non dico che sia mia e basta. Però è stato uno dei contenuti che ha avuto dei risultati tali da convincere Giorgio a volermi nel team.

Parliamo di The Ciurma Song e The Ciurma Show. Dato che abbiamo parlato molto di community non posso non chiederti di parlarmi del progetto che l’ha messa al centro. Quali sono stati i punti di forza e quali le difficoltà maggiori?

Il progetto è iniziato durante la pandemia, nel momento in cui la parte musicale era abbastanza lesa ed è stato così per tanto altro tempo rispetto ad altri settori. La difficoltà maggiore era proprio la musica: su internet non puoi usare le basi e fare un concerto, sebbene questo non fosse neanche nell’interesse di Giorgio.

Volevamo fare qualcosa: Giorgio faceva un sacco di live su Instagram dove faceva un po’ il Jukebox umano, ma non volevamo trasmettere questo di lui. Sia io che Max, abbiamo pensato fosse il caso di trovare un’altra direzione, rispetto al cantare. Poteva quindi essere l’occasione – dato che molti ci chiedevamo di fare “qualcosa con te” – per permettere a tanti talenti che magari erano lontani dall’esigenze di mercato di potersi esibire. Tutti facevano qualcosa, quindi ci abbiamo provato. Mi sono ritrovata a gestire un team di persone e realizzarlo a distanza non l’ha reso più facile: Alessia Spera per la parte contenuti, Elisabeth Gagliardi che mi ha dato una mano con i casting, Gabro Nicolosi per le grafiche, Giorgio, Max e Daniele. Tutti in varie parti di Italia. È stato un po’ un banco di prova sulla gestione, su un’idea partita quasi per scherzo. Però non volevamo coinvolgere Giorgio e Max nell’organizzazione, perché loro sarebbero stati i conduttori.

E sempre a proposito di gestione c’era da lavorare sul tempo di esibizione delle persone, fare i casting, valutarli, insegnare alle persone come stare sulla piattaforma, gli ospiti ecc. Io, Alessia ed Elisabeth abbiamo fatto una prima selezione delle clip e dei messaggi. Abbiamo quindi coinvolto anche Giorgio, Max e Daniele e infine abbiamo scelto. Abbiamo gestito la cosa un po’ come se fosse un programma televisivo. La difficoltà è stata far funzionare tutto questo nonostante l’inesperienza ma è stata una bellissima esperienza, dove ci siamo divertiti tanto.

The Ciurma Song è nata nello stesso momento ma è stato un po’ diverso. È un’idea che non ricordo da chi fosse partita, ma il lavoro maggiore è stato di Alessia e Giorgio. Io poi ho coordinato a livello social, diciamo che mi sono limitata al mio lavoro.

Dopo questi anni di pandemia, c'è qualcosa che ti piacerebbe vedere realizzato per unire ancora di più community e artista?

Non mi dispiacerebbe portare avanti l’idea delle live, con una gestione diversa stile programma televisivo, un po’ com’è stato con Catch the Song. Mi piacerebbe vedere Giorgio ancora nel ruolo di conduttore. Una volta si era aperta la possibilità di fare un documentario, come quelli che ora vanno molto sulle piattaforme. Sarebbe molto bello raccontare attraverso un mezzo del genere e aiuterebbe anche a scoprirlo meglio sia a chi lo conosce, che a chi non lo conosce affatto.

Un altro progetto che volevamo organizzare era un viaggio con i fan in Giappone, ma quando eravamo lì per lì per realizzarlo, e avevamo anche contattato un’agenzia, c’è stata la pandemia.

Poi c’è stato un momento in cui avevamo ritrovato i provini delle canzoni, mentre Max e Daniele stavano riversando dall’analogico al digitale. Ho sentito delle cose che… sembrava di aver trovato il OnePiece. Il problema però, quando si parla di musica, sono i diritti e il copyright. Purtroppo, non è semplice.

Secondo me, e questo è solo un mio parere perché non conosco le dinamiche interne, la televisione ragiona ancora con le logiche della televisione, quelle pre-internet. Banalmente avrei puntato sullo sfruttare le nostre canzoni con dei video musicali ufficiali e non permettere a chiunque di pubblicarli. Si creerebbe una teca di ricordi molto bella. D’altro canto, poi probabilmente ci sarebbe da rinnovare sempre gli accordi col Giappone, l’America… c’è tanta burocrazia ed è un po’ la parte che ammazza la creatività.

Qual è stato il progetto più stimolante fino ad oggi?

Sicuramente The Ciurma Show perché mi ha messo davanti a cose che non avevo mai fatto. Però anche l’organizzazione che c’è stata con Lucca 2022 – per quanto riguarda Giorgio – è stata una bella sfida. In quel caso, tolta la parte dello spettacolo, me la sono vista tutta io: parcheggio, spostamento all’interno della fiera, interviste, meet&greet, altri interventi… insomma molto fuori dal mio lavoro, ma ho gestito io dall’inizio alla fine. Ciò che mi stimola sono le sfide che mi spingono fuori dalla mia zona di comfort, perché poi penso “cavolo, ma allora so fare anche questa cosa!”.

Grazie di cuore Federica per il tempo che mi hai concesso e per la tua disponibilità!

Grazie a te per la piacevole chiacchierata! Spero che quanto ci siamo detti possa aiutare chiunque voglia fare questo lavoro a comprendere il quadro di quello che può succedere, l’attenzione che bisogna avere e le mille sfaccettature che possono esserci; mi auguro anche di essere riuscita a trasmettere l’importanza di questa figura e di come non vada sottovalutata nella comunicazione di oggi. E un grazie anche a tutta la community del sito, un bacio e a presto!

Potete trovare e seguire Federica Paradiso grazie ai seguenti link

https://www.instagram.com/fp_socialmediamanager/

https://www.federicaparadiso.it/

https://www.linkedin.com/in/federica-paradiso-social-media/

di Marco Orofino

© proprietà Testi Sigle Cartoni

Federica Paradiso
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